Temi svolti

Se non avete tempo da perdere e non avete voglia di aspettare la divina ispirazione per scrivere un buon tema magari qui di seguito riuscite a trovare qualche suggerimento utile

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Combattere la violenza con l'integrità (monaci birmani)

Tutto il mondo guarda alla prova di forza tra il regime e le preghiere di migliaia di monaci che lungo le strade di Rangoon, in Birmania, sfilano chiedendo il diritto alla vita per una popolazione affamata e sofferente. La loro preghiera è per la democrazia e la libertà. Ci sono molti insegnamenti nelle manifestazioni dei monaci e dei cittadini che si sono svolte nelle città birmane in questi giorni. Per solidarizzare concretamente con la lotta del popolo birmano è bene comprendere il senso profondo del metodo che i monaci hanno attuato. I monaci dicono che non si può realizzare né ottenere nulla di buono se non si ha sufficiente pace nell'anima e che agli attacchi dei militari del generale Than Shwe, si può rispondere solo con la preghiera. I monaci vogliono «pregare per il bene di tutti». È con questo spirito che essi hanno la certezza di farcela e di conquistare la pace e la democrazia. «Ci vorrà tempo, ma il bene porta solo bene», assicurano.«Offrire aiuto ad un intero popolo senza abbracciare le armi è un dovere», affermano, «ogni monaco deve essere partecipe e sapersi sacrificare per lenire le sofferenze del popolo dove vive e pratica. Preghiamo perché tutto questo finisca e la Birmania possa contare su di un governo democratico».Marciano a piedi scalzi, perché hanno fatto voto di povertà, e perché il loro metodo è quello di assumere su di sé le sofferenze, non di caricarle sulle spalle altrui. Hanno simbolicamente rovesciato le loro ciotole, perché non vogliono accettare l'elemosina dai militari; anche questa è una rinuncia alla collaborazione con il male. È una sorta di digiuno, di sciopero, un modo di dire: “Io ti rispetto come persona, ma non accetto nulla dalla tua struttura di violenza”. Manifestano senza bandiere di parte, solo quella con il pavone, simbolo di libertà e democrazia. Hanno rinunciato ai loro segni distintivi, alla singola individualità, per riconoscersi tutti nell'identità nazionale birmana, si sono completamente identificati nella sofferenza del popolo.Dai loro cortei non si levano slogan e proclami, ma una sola frase, in forma di preghiera: «viva la democrazia». Non portano cartelli, né striscioni, perché il loro corpo disarmato è il messaggio. Se vengono picchiati, bastonati, arrestati, torturati, non reagiscono, subiscono, se possibile con il sorriso sulle labbra. La loro è la nonviolenza del forte, non del debole. Pace interiore, preghiera, sacrificio, povertà, noncollaborazione, digiuno, tenacia, serenità: è fatta di questo la nonviolenza dei monaci buddisti birmani. Intanto continuano senza tregua le persecuzioni . Ma nelle prime pagine dei giornali occidentali non più un titolo, un'immagine, una parola, la morte dei santoni non fa più notizia. Dopo due giorni di riflettori, le persecuzioni dei monaci birmani hanno lasciato il passo alle notizie di più stringente attualità, con un’unica eccezione: Der Spiegel. Solo sul quotidiano tedesco, infatti, è possibile leggere le corrispondenze dell’ultimo inviato occidentale a Rangoon, rimasto in prima linea e senza identità, per il timore delle rappresaglie del regime. Solo dai suoi reportage l’opinione pubblica mondiale può apprendere in questo momento la reale entità degli eccidi, che sarebbero nell’ordine delle migliaia di persone. In un articolo intitolato “Vengono di notte per uccidere i monaci”, pubblicato nella corrispondenza di due giorni fa, l’anonimo inviato dello Spiegel illustra l'orrore della dinamica dei rastrellamenti: “era circa mezzanotte quando il lungo convoglio di veicoli militari entrò nel distretto, le macchine contenevano ufficiali di polizia dei reparti di anti sommossa, i cosiddetti “Lome-ten”, si tratta di unità di gangster e di ex detenuti che fanno il lavoro sporco per il regime. Circondano un monastero nella strada Weiza Yandar e tutti i 200 monaci che ci vivevano vengono costretti a stare in piedi in una stanza mentre le forze di sicurezza gli sbattono ripetutamente la testa contro il muro, quando ormai sono ridotti una poltiglia sanguinante vengono raccolti e portati via nei camion.. così in una sola notte hanno ucciso oltre cento monaci". Non si sa ancora nulla di quanti ne stiano morendo in queste condizioni, l’unica cosa che si sa è come i monaci si difendono da questo massacro, con la preghiera e la meditazione, così come il buddismo ha insegnato loro sin dal 500 prima di Cristo.

 

                                           

Il razzismo

Il razzismo inteso come quella dottrina che presuppone una superiorità su basi biologiche di una razza umana sull'altra, è un concetto moderno, sviluppatosi da un fraintendimento delle teorie di Darwin. In epoche antecedenti prevaleva un sentimento di disprezzo verso le altre culture ritenute inferiori, verso i "barbari".

Il razzismo rappresenta uno dei tanti abbagli ideologici presi dalla mente umana nel corso della Storia e credo che nessuno possa sostenere, al giorno d'oggi, in maniera fondata, con argomentazioni scientifiche e senza timore di essere sonoramente disapprovato, che una razza sia superiore a un'altra. Ammesso che all'interno della specie umana sia possibile individuare delle razze pure.

Il nazismo, per citare una delle ultime vittoriose (almeno per un certo periodo) concezioni politiche razziste, che si basava sull'idea di superiorità della razza ariana, oggi ripugna alla quasi totalità delle persone ed è considerato un obbrobrio ideologico non più ripetibile.

Eppure la guardia non va mai abbassata e la cronaca ci riferisce, con cadenza presso che quotidiana, di episodi di discriminazione avvenuti sulla base del colore della pelle o del luogo di provenienza. Si tratta, per lo più, di microepisodi di intolleranza o di xenofobia. Certo siamo lontani, almeno qui in Italia, dall'apartheid sudafricano o dalla violenza del Ku Klux Klan negli Stati Uniti. Non bisogna nascondersi che l'ondata di immigrati dal Terzo Mondo, che ha raggiunto l'Italia negli ultimi decenni, ha scosso equilibri secolari, abitudini consolidate, modi di vivere e di pensare sedimentati nei secoli, provocando inquietudini. Da noi esisteva, tutt'al più, la contrapposizione fra Nord e Sud, l’eterna e irrisolta questione meridionale, ma lo sviluppo industriale del Paese ha finito col metabolizzare le insofferenze razziste. Molti operai e intellettuali meridionali hanno contribuito alla crescita economica della nazione.

Oggi non è così. La crisi economica, la disoccupazione, l'insicurezza fanno vivere lo straniero come una minaccia a un benessere da poco acquisito e già precario. La psiche umana, sempre in cerca di un facile capro espiatorio, responsabile delle proprie disavventure, può facilmente individuare nell'altro, nel “Diverso”, l'origine di tutti i mali.

Per contro, culture quasi totalmente estranee al nostro modo di pensare, con valori spesso antitetici ai nostri, reclamano oggi attenzione, diritti, considerazione. Richieste legittime, ma non si può pensare che ciò non possa provocare, per la velocità con cui è avvenuto il processo di immigrazione, degli intoppi nell'integrazione dei nuovi arrivati in un tessuto sociale consolidato. Insomma anche gli italiani, che razzisti non sono (in apparenza), hanno bisogno di abituarsi all'idea di una società multiculturale, un'entità fino a ora totalmente sconosciuta.

Avvertiamo altresì l'esigenza di essere rassicurati circa il tasso di tolleranza delle altre culture. Su questo concetto è difficile transigere. Chi proviene da fuori deve accettare le nostre leggi, le nostre regole del gioco, i valori democratici su cui si fonda la nostra Costituzione. Non si può essere tolleranti con gli intolleranti. Non ci si può rifugiare nel relativismo culturale tanto caro ad alcuni nostri intellettuali contemporanei, che finiscono col promuovere un deleterio razzismo alla rovescia sostenendo la superiorità morale di coloro che sono storicamente oppressi e proponendo una riedizione del mito del Buon Selvaggio francamente inaccettabile.

Ora e difficile redigere un analisi obbiettiva sul problema del razzismo. Molti di noi sono troppo accecati dall’odio verso queste culture che ci minacciano in modo diretto non solo fisicamente ma anche economicamente. Quando sentiamo parlare di problematiche legate agli immigrati non è forse vero che le prime notizie che ci vengono in mente sono quelle legate alle rapine in villa e a stupri compiuti per lo più da persone dell’est europeo o alla concorrenza del mercato cinese che ci sta invadendo con una quantità incalcolabile di manufatti di discutibilissima qualità e dubbia provenienza? Come posso io, cittadino italiano, accogliere a braccia aperte  persone che hanno bisogno di essere mantenute dallo stato con soldi pubblici per tutta la durata del periodo di accoglienza fino a quando non si dedicano alla criminalità spesso organizzata ai danni della nazione che gli ha ospitati? Tu straniero, sei ospite nel MIO Paese ed oltre a prendere sussidi dallo Stato (per quale motivo poi) ti arroghi il diritto di violentare,uccidere,rubare?

                                                   

 
 

 
 
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